Sono giorni difficili questi. Giorni in cui abbiamo dovuto inventarci un mondo nuovo. Un mondo piccolo piccolo, fatto di poche stanze e una finestra. A farci sognare è rimasta solo .. la pubblicità. Vedere volti sorridenti che passeggiano, corrono nei prati, viaggiano, fanno la spesa, ci fanno sembrare una chimera anche un semplice pic-nic, ricordandoci il valore delle azioni più semplici, che spero non dimenticheremo in fretta. Per il resto, ansia, inquietudine, tristezza, paura.
Ma come vivono i bambini tutto questo? Quali emozioni provano travolti da brutte notizie e da fosche previsioni? Come metabolizzano l’ansia dei loro genitori? Come vivono la terribile esperienza dei decessi ?
In questo panorama doloroso e complesso, qual è stata la risposta della scuola e dei suoi insegnanti? La risposta è stata immediata traducendosi in migliaia di proposte veicolate in forme diverse. Piattaforme, schede, compiti, video lezioni, meeting, mail, WhatsApp…
Un universo di attività derivante dalla volontà di esserci, dallo zelo di far “proseguire” il programma ( il FAMIGERATO e FANTOMATICO programma ), di far sentire una affettuosa vicinanza. Un universo che però ha generato non pochi problemi alle famiglie: mancanza di Pc o stampanti adeguati, assenza di connessione, competenze insufficienti, figli in classi o ordini di scuola differenti , difficoltà di gestione delle molte richieste…
E i bambini non italofoni o in condizioni disagiate, chi li ha presi in considerazione? In una situazione come questa viene violato il loro DIRITTO all’uguaglianza attraverso l’istruzione.
Le indicazioni ondivaghe giunte dal Ministero relative a una “interazione docente-alunno che accompagni la costruzione del sapere, ma che dia anche senso e risposta alle domande esistenziali che gli alunni, soprattutto i più piccoli, si pongono in un contesto nel quale colgono direttamente e indirettamente segnali che li disorientano; (…); una serie di azioni volte a rimodulare la progettazione delle attività di inizio anno sulla base delle nuove e attuali esigenze, adattandole alla didattica a distanza, possibilmente senza che diventi un ulteriore aggravio per le famiglie (…) ; ” non hanno certo aiutato nelle scelte.
Sono quindi spuntate le “indicazioni puntuali sulla valutazione delle attività distanza, lasciando libertà ai docenti di esercitare la valutazione, contemperando, secondo un criterio di tipo formativo, le diverse necessità di acquisire elementi valutativi per ciascun alunno. E il pensiero della VALUTAZIONE a tutti i costi ha preso il sopravvento.
E’ a questo punto, più che mai, che il riferimento al mio amatissimo Maestro Alberto Manzi, mio faro e mentore , diventa d’obbligo.
Egli, nel 1981 si rifiutò di redigere le schede di valutazione appena introdotte in sostituzione della pagella. La spiegazione del suo rifiuto fu: “Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento: se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest’anno, l’abbiamo bollato per i prossimi anni”
Il Ministero della Pubblica Istruzione però non apprezzò il suo ragionamento e lo sospese dall’insegnamento e dallo stipendio. Per poterlo reintegrare cercò di convincerlo a compilare le valutazioni. Il maestro , pur restando della stessa idea, si mostrò favorevole a scrivere una valutazione riepilogativa.
Il giudizio, uguale per tutti e posto con un timbro, sarebbe stato “FA quel che può, quel che non può non fa” Dopo che il Ministero espresse il suo disaccordo con la scelta, rispose: “Non importa, posso scriverlo anche a penna”.
La tenacia del Maestro Manzi deve rimanere un insegnamento per tutti noi.
Soprattutto in questi giorni, in cui il solo pensiero di valutare bambini smarriti , affiancati ( o sostituiti) nelle attività dai genitori, chiamati a svolgere prove impersonali – somministrate in condizioni inusuali- disorientati dal cambio repentino della loro routine scolastica, guidati da video lezioni improvvisate che, se da un lato rimarcano la buona volontà degli insegnanti, dall’altro NON POSSONO ESSERE SOSTITUTIVE di una didattica attiva e interpersonale, agita attraverso scelte metodologiche idonee e veicolata attraverso un valore emozionale umano che nulla può sostituire, ebbene il solo pensiero mi sembra non solo assurdo, ma privo di qualunque legame con una valutazione formativa, oggettiva, costruttiva o sensata.
E dunque, in una situazione così, mutuando quelle parole che tanto amo, se sarò costretta a valutare i miei alunni userò ancora le sue parole: ” Fa quel che può, quel che non può non fa”
E, se devo dirvela tutta, in una situazione come quella che stiamo vivendo, già è un miracolo che facciano qualcosa.